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Il Design Thinking è un approccio utilizzato per risolvere problemi pratici in modo creativo, codificato intorno agli anni 2000 in California dall’Università di Stanford. Nonostante questo modello non sia completamente nuovo, negli ultimi dieci anni ha subito molteplici trasformazioni che hanno portato a una consacrazione della sua importanza nel mondo della gestione aziendale. Infatti, questo approccio aumenta la capacità delle aziende di prendere decisioni efficaci e redditizie, sfruttando il coinvolgimento dei vari stakeholder. Lo fa creando un team coeso e determinato, mettendolo nelle condizioni di sviluppare un pensiero creativo in cui la visione dei problemi si sposa con l’individuazione di potenziali soluzioni innovative. È considerato un approccio democratico capace di mobilitare le risorse aziendali, dato che consente ai membri di contribuire attivamente alle soluzioni. Inoltre, è centrato sulla persona, evidenziando i suoi bisogni e proponendosi di trovare soluzioni efficaci per soddisfare tali esigenze. Il Design Thinking è quindi in grado di concepire soluzioni innovative: comprende a fondo gli attori chiave e l’ecosistema aziendale al fine di migliorare le prestazioni e ottimizzare le funzionalità per risolvere un problema.

LE CINQUE FASI DEL PROCESSO DI DESIGN THINKING

Secondo le indicazioni dell’Università di Stanford, il processo di Design Thinking può essere suddiviso in cinque fasi:

1. Empathise, prima fase che consiste nel creare empatia con l’utente come punto di partenza imprescindibile. Si tratta quindi di osservare e coinvolgere le persone con lo scopo di comprendere i loro bisogni, desideri e obiettivi per analizzare le necessità e i comportamenti emotivi. In questo step, il designer si deve focalizzare sull’ascolto senza tralasciare alcun dettaglio che potrebbe compromettere la riuscita della sessione. 
2. Define, seconda fase del processo che riguarda la definizione del problema dell’utente. A tal proposito, è necessario definire le difficoltà e gli ostacoli che le persone potrebbero incontrare e circoscrivere il problema che il team è chiamato a risolvere. Questo viene analizzato in maniera complessa, immedesimandosi nell’utente dopo aver raccolto e analizzato ogni singola esigenza per tradurre gli stimoli raccolti e identificare la base da cui partire per sviluppare una soluzione innovativa. 
3. Ideate, momento in cui, avendo chiarito e analizzato i problemi degli utenti, si iniziano a progettare le soluzioni. Ciò che è più necessario in questa fase è la creatività e la capacità di ideazione dei partecipanti. A tal fine, sarà necessario riunire il team, anche più di una volta, per raccogliere il maggior numero di idee possibile e in seguito, grazie a tecniche come il brainstorming e mind-mapping, individuare quelle migliori. 
4. Prototype, punto che vede la trasformazione delle idee astratte in prodotti tangibili. Il prototipo non è altro che una versione “ridotta” del prodotto che incorpora le soluzioni identificate negli step precedenti. Questo è un passaggio fondamentale perché permette di evidenziare eventuali problemi e difetti cosicché le soluzioni possano essere confermate, migliorate, ridisegnate o rifiutate.
5. Test, ultima fase del processo in cui gli utenti possono testare le soluzioni per mettere alla prova quanto realizzato. I feedback relativi al test possono far emergere elementi per cui sarà necessario ridefinire l’analisi del problema o elaborare nuove idee a cui non si era pensato in precedenza. 

Ecco come il modello del Design Thinking permette di concepire e sviluppare soluzioni innovative grazie a un’ampia comprensione delle problematiche degli attori chiavi che porta a uno sviluppo di soluzioni cucite su misura. Le aziende, grazie a questo modello, possono aumentare la loro competitività adottando quindi uno strumento di progettazione efficiente, in quanto si avvicina ai concetti di Lean e Agile, ed efficace, perché riprende i principi della Digital Transformation.